Chiesa del Santo Sudario
Via Piave 14 angolo via San Domenico, Torino
La Confraternita del Santo Sudario è fondata in Torino nel 1598, venti anni dopo il trasferimento della Sindone nella nuova capitale sabauda per volontà del duca Emanuele Filiberto; sede iniziale della Confraternita era la chiesa di San Pietro Curte Ducis, situata tra la zona del mercato centrale e l’area della cattedrale, non distante dalla cappella di Santa Maria ad presepem, primo ricovero provvisorio della Sindone.
La devozione verso il Sacro Lino aveva trovato già forme istituzionalizzate a Chambéry (1506), a Cirié (1521) e a Roma, presso la Chiesa Nazionale dei Piemontesi (1580), quale segnale di consolidamento del legame tra la Sindone e le terre sabaude al di qua delle Alpi.
Alla soppressione della chiesa di San Pietro la Confraternita avrebbe dovuto trasferirsi presso la chiesa di Santa Maria di Piazza (1729), ma l’edificio non era stato lasciato in condizioni adeguate dai padri carmelitani (a loro volta reinsediati nel nuovo convento del Carmine).
Nel frattempo però, il re Vittorio Amedeo II nel 1728 aveva donato alla Confraternita una parte dell’isolato di Sant’Isidoro per la costruzione di un ospedale per l’assistenza dei malati di mente; i confratelli, infatti, avevano scelto come ambito di azione caritativa l’assistenza dei cosiddetti pazzerelli, abbandonati a loro stessi ed oggetto di scherno; da ricordare che altra attività caritativa dei confratelli era l’educazione delle figlie dei militari rimaste orfane.
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Per ovviare alle ristrettezze della cappella interna al nuovo ospedale, nel 1732 viene rilevato il lotto adiacente per la costruzione di un oratorio per la confraternita e per i malati, privo però di accesso da strada.
Nel 1734 viene scelto, dopo concorso, il progetto del confratello ingegnere Ignazio Mazzone, che prevede una semplice navata unica con angoli smussati e un più stretto presbiterio, su cui si affacciano i coretti; per le decorazioni sono chiamati il quadraturista veneziano Pietro Alzeri e il frescante Michele Antonio Milocco, cui sono attribuiti la Trasfigurazione sulla volta della navata e il complesso trompe-l’oeil della parete di fondo del presbiterio, con la pala della Vergine, il Beato Amedeo IX di Savoia, la Sindone e l’Eterno in gloria.
Nel 1764 l’oratorio privato della Confraternita viene aperto al culto esterno; viene dunque realizzata la facciata (progetto già tradizionalmente attribuito a Giovanni Battista Borra), strutturata su due ordini, probabilmente ispirata alla facciata seicentesca della Sainte-Chapelle di Chambéry; tra il 1766 e il 1770 è innalzato il campanile. Nel 1801 la Confraternita viene soppressa, dispersi o alienati gli arredi della chiesa (tra cui l’altare del 1765, attualmente presso la parrocchiale di Barbania); solo nel 1821 viene riaperto l’oratorio, restaurato e completato degli arredi dall’architetto Angelo Reycend alla fine dell’Ottocento (nuovi altari dell’Addolorata e di San Giuseppe); i restauri delle pitture sono diretti da Enrico Reffo.
Nel 1801 la Confraternita viene soppressa, dispersi o alienati gli arredi della chiesa (tra cui l’altare del 1765, attualmente presso la parrocchiale di Barbania); solo nel 1821 viene riaperto l’oratorio, restaurato e completato degli arredi dall’architetto Angelo Reycend alla fine dell’Ottocento (nuovi altari dell’Addolorata e di San Giuseppe); i restauri delle pitture sono diretti da Enrico Reffo. Nel frattempo (1823-1834), un nuovo ospedale per i malati di mente viene realizzato da Giuseppe Maria Talucchi nel vicino isolato di Sant’Eligio. Attualmente al fondo del presbiterio è collocata una copia fotografica della Sindone, nella cornice delle ostensioni del 1931 e 1933.
Nei locali annessi all’oratorio, dal 1971 è aperto il Museo della Sindone, su iniziativa del Centro Internazionale di Sindonologia (nato nel 1959 per la promozione e la documentazione delle ricerche scientifiche e storiche sul Sacro Lino). Oltre alle testimonianze relative alle ostensioni della Sindone e all’attività della Confraternita, sono conservati alcuni importanti reperti, quali il cofanetto in cui venne trasportata la Sindone nel 1578, la macchina fotografica e le lastre originali delle fotografie di Secondo Pia e di G. Enrie (1898); ricche anche la raccolta di documentazione relativa alle ricerche più recenti, la biblioteca e l’emeroteca.
Testi a cura dell’associazione Guarino Guarini
Fotografie di Andrea Guermani per Compagnia di San Paolo – © tutti i diritti riservati