Chiesa di Sant'Agostino Vescovo

Via Sant'Agostino angolo via Santa Chiara 9, Torino

La chiesa della comunità parrocchiale di Sant’Agostino fu costruita su un edificio preesistente anteriore all’XI secolo e dedicato ai Santi Apostoli Giacomo e Filippo: già il catasto del 1415 la inserisce tra le sei parrocchie del quartiere di Porta Pusterla, una delle ripartizioni amministrative della città, ancora racchiusa nella ristretta cerchia quadrangolare delle mura romane.

Le forme dell’attuale edificio risalgono al 1548, anno in cui gli Agostiniani Calzati, dopo un peregrinare di alcuni anni, presero possesso della chiesa e diedero inizio alla costruzione del convento. Ciò fu possibile grazie alla cessione a loro favore attuata da Giovanni Francesco Broglia, rettore delle chiese dei Santi Giacomo e Filippo e Sant’Agostino. Come altri edifici religiosi dell’epoca, la chiesa si trovava in un avanzato stato di degrado.
Dal 1551 iniziarono i lavori di ricostruzione e la chiesa assunse il nome di Sant’Agostino, conservando come testimonianza dell’assetto tardomedievale solo il fusto del campanile, in muratura laterizia.
Terminata nel 1563 l’occupazione francese ed avvenuta l’elezione a rango di città capitale, Torino cominciò a cambiare volto sotto la guida del duca Emanuele Filiberto di Savoia.

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Negli stessi anni, a seguito del Concilio di Trento (conclusosi proprio nel 1563) iniziarono a diffondersi in città le confraternite e le compagnie religiose, le quali assunsero una posizione dinamica in qualità di committenti di lavori di restauro e di adeguamento di molte chiese torinesi. Il regnante, sebbene impegnato prioritariamente in opere militari e difensive, non poté dimostrarsi sordo ai rigidi dettami provenienti da Roma e diede impulso ad opere di restauro e riedificazione in campo religioso. L’edificio venne ultimato intorno ai primi anni ottanta del Cinquecento, quando le redini del regno passarono nelle mani del figlio del duca, Carlo Emanuele I, il quale accelerò il processo di modernizzazione della città facendosi personalmente promotore dell’edificazione di opere pubbliche e del consolidarsi delle compagnie religiose. Nel corso dei secoli XVII, XVIII e XIX la chiesa fu oggetto di lavori di abbellimento e di restauro degli interni, a volte finanziati da privati benefattori, i cui nomi sono leggibili in epigrafi all’interno della chiesa.Solo nel 1643 avvenne la consacrazione ufficiale; poco più tardi venne sostituito l’altare maggiore, a sua volta rifatto per opera di Carlo Ceppi nel 1887.
La chiesa nel suo complesso subì un rinnovamento sostanziale durante il primo decennio di questo secolo.

Tra le opere di particolare interesse incontriamo nella navata destra il dipinto della Deposizione attribuito alla scuola di Dürer (1530-1540), la Madonna del Popolo di Felice Cervetti (1764), la Madonna della Cintola di Ignazio Perucca (anteriore al 1776) posta sopra un altare di marmi policromi attribuibile a Bernardo Vittone. Nella Cappella della Madonna del Divin Parto della navata sinistra è presente un frammento di affresco del secolo XVI che è stato ritrovato nel 1716 nella canna del camino di una casa, demolita in parte per l’edificazione del convento. In onore di questa immagine, esposta dal 1717 in chiesa entro una cornice di legno scolpito, venne costituita una Compagnia per soccorrere le puerpere: la Pia Società di Maria Santissima nell’Aspettazione del Divin Parto.
All’inizio della navata sinistra è collocato il fonte battesimale secentesco, restaurato e riportato in uso. Al fondo della navata sinistra si trova la Cappella di San Nicola da Tolentino, frate dell’ordine degli Eremitani di sant’Agostino (dipinto attribuito a Martino Spanzotti), affiancato dal bianco Mausoleo di Cassiano dal Pozzo, magistrato alla corte di Emanuele Filiberto, con la sua statua “gisant” (giacente) sopra un sepolcro sorretto da due dragoni.

Testi a cura dell’associazione Guarino Guarini
Fotografie di Andrea Guermani per Compagnia di San Paolo – © tutti i diritti riservati